I traguardi più grandi sono spesso frutto di sacrifici, anche nell’accezione più drammatica del termine. E così il Parco della Rinascita, quello che sarà il più esteso polmone verde di Bari con i suoi 120mila mq, sorgerà sulle ceneri (o meglio sulle polveri) della “fabbrica della morte”: la famigerata Fibronit che negli anni ha mietuto oltre 400 vittime, tra lavoratori e cittadini, per l’inalazione delle fibre di amianto.
La fabbrica è stata attiva dal 1935 al 1985, ma ha continuato a mettere i brividi fino ai giorni nostri, con un lungo strascico di patologie, decessi e i capannoni ancora carichi di amianto che svettavano su Via Caldarola. I cartelli posti sul muro di cinta erano eloquenti: “Attenzione. Zona inquinata. Vietato l’accesso”. Nulla tuttavia impediva alle fibre letali di disperdersi nell’aria, soprattutto a danno dei residenti di Japigia.
La svolta è arrivata nel 2016, quando grazie a un finanziamento di 14 milioni di euro (in prevalenza regionale) il Comune ha avviato i lavori di bonifica dell’intero sito. Con accorgimenti tecnici all’avanguardia, le ditte appaltatrici hanno chiuso i capannoni in gigantesche tensostrutture e li hanno sbriciolati, per poi tombare in sicurezza i detriti carichi di amianto. L’area è stata quindi delimitata da imponenti muri di contenimento e ricoperta da nuovo terreno vegetale.
Oggi l’ex Fibronit non fa più paura, anche se ha lasciato un segno indelebile e dolorosissimo, con un bilancio che continua tuttora ad appesantirsi. Solo il futuro Parco della Rinascita potrà rendere omaggio alle centinaia di vittime e restituire alla città un luogo di morte, rigenerato in luogo di vita e di speranza.
Peccato, però, che l’iter per la realizzazione del parco sia tutt’altro che spedito e lineare. Con un comunicato stampa del 7 dicembre, intitolato “Narcolessia Fibronit”, il Comitato Cittadino Fibronit ha denunciato il ciclico accantonamento della questione da parte delle istituzioni.
Ma a che punto siamo, innanzitutto? Grazie all’impegno congiunto del Comitato e del Comune, che hanno promosso una serie di iniziative rivolte a cittadini, studenti e professionisti, il 18 marzo 2019 la Giunta comunale ha approvato il progetto preliminare del parco. Un progetto di massima che tuttavia portava con sé diverse incertezze e limitazioni, data la complessità dell’intervento e i tanti attori coinvolti.
Da allora, secondo il Comitato, si è tornati alla “narcolessia”. Ce ne parla proprio il presidente, Nicola Brescia: «Sin dalla fine del 2019 abbiamo fatto richiesta di una Conferenza di servizi, proprio perché temevamo quello che poi è accaduto e perché ci rendevamo conto che solo parlando tutti insieme e contemporaneamente, gli enti e i personaggi coinvolti, ci si poteva confrontare in maniera fattiva. In realtà invece si è demandato tutto a mail, comunicazioni o telefonate a cui poi non si dava il necessario seguito. Mi rendo conto che la Fibronit non è l’unico problema di questa città e comprendo che il sindaco possa essere impegnato a valutare tante altre questioni. Proprio per questo ritenevamo che la Conferenza di servizi fosse la soluzione migliore. La proposta ci è stata però rifiutata a suo tempo dall’assessore Galasso, il quale sottolineava che il Comune fosse in grado di provvedere da sé».
A esasperare la situazione è poi intervenuta l’emergenza Covid, che se da un lato ha obiettivamente rallentato l’attività della Pubblica Amministrazione, dall’altro rischia di essere usata come giustificazione per delle inadempienze perfettamente evitabili.

Qualcosa per fortuna pare essersi smossa, come ci rivela Brescia in anteprima: «Il comunicato dello scorso 7 dicembre ha avuto effetto. Abbiamo svolto una videoconferenza a stretto giro con il sindaco Decaro, l’assessore Galasso e un altro tecnico. In questa sede abbiamo appreso che il Comune sta portando avanti delle interlocuzioni con il Ministero dell’Ambiente, al fine di ottenere il finanziamento per realizzare il parco. Proprio giovedì 10 dovrebbe esserci stata una telefonata tra il sindaco e un dirigente del Ministero. Attendiamo di conoscerne l’esito».
I problemi della vicenda parco non riguardano tuttavia solo i fondi. «Un punto al quale teniamo particolarmente è quello legato alla fruibilità. – prosegue Brescia – Stando a valutazioni tecniche riportate nel progetto di bonifica realizzato, i due terzi dell’area non dovrebbero essere fruibili per un primo periodo di due anni. Significherebbe non poterci nemmeno passeggiare sopra».
Le macerie dei capannoni demoliti, comprensive dell’amianto, sono state infatti tombate nello stesso sottosuolo. Sebbene l’isolamento sia stato realizzato a regola d’arte, secondo queste valutazioni sarebbero necessari dei monitoraggi ambientali prima di dichiarare le superfici completamente sicure.
«Naturalmente abbiamo tenuto conto di queste prescrizioni nel progetto preliminare redatto assieme al Comune. Nonostante ciò, rileggendo tutto il carteggio con il Ministero dell’Ambiente, non abbiamo trovato espressa da nessuna parte la questione della non fruibilità. A noi sembra che ci sia una forzatura in tal senso e che in realtà non sia necessaria alcuna limitazione. E’ un aspetto molto importante sul quale ci stiamo interfacciando con i tecnici comunali, sperando di avere presto un riscontro».
Altra questione importante, ad esempio, riguarda «una sottostazione elettrica dismessa di proprietà di Terna, che si incunea pesantemente nell’area del parco e inciderebbe non poco, sotto il profilo sia estetico che funzionale, sulla qualità dell’intervento».
Per gestire questa molteplicità di aspetti, Brescia ha anche lanciato la proposta di nominare «una figura di riferimento, come un commissario, che possa fare da coordinatore tenendo i contatti con i vari referenti. Altrimenti corriamo il rischio di perdere tempo soltanto scambiandoci comunicazioni».
Per completare il quadro della situazione, ascoltiamo anche l’Amministrazione comunale proprio nella persona di Giuseppe Galasso, assessore ai Lavori pubblici: «Nonostante fosse un giorno festivo, nel pomeriggio dell’8 dicembre abbiamo voluto incontrare il Comitato in videoconferenza per aggiornarlo sulla vicenda, appena all’indomani di quel comunicato stampa ricco di sconforto. Come abbiamo spiegato loro, i due aspetti sui quali stiamo lavorando adesso sono il finanziamento del parco, tramite il Ministero dell’Ambiente, e la presa in uso delle aree ex Fibronit, per la quale è necessario un perfezionamento tecnico. Entrambi gli aspetti sono ostativi: se li non sbrogliamo, non può proseguire l’attività di progettazione del parco. Non possiamo giungere al progetto esecutivo di un’opera non ancora finanziata, perché poi paradossalmente il progetto invecchia. Né tantomeno possiamo farlo su quei suoli, che dopo la bonifica non sono stati ancora acquisiti al patrimonio comunale. Il progetto preliminare è stato redatto per candidare il parco a finanziamento, altrimenti chi stanzierebbe fondi per un’opera che esiste solo come idea?».

Detto ciò, la prospettiva di vedere finanziato l’intero parco in un’unica tranche è la meno probabile. «Il timore espresso dal Comitato è quello che il parco resterebbe incompiuto per lungo tempo se non lo si realizzasse per intero. – prosegue Galasso – Noi come Amministrazione abbiamo portato l’esempio virtuoso del Teatro Piccinni, che è stato restaurato con un triplice finanziamento in tre lotti funzionali. Pensare di ottenere oggi, in un’unica soluzione, una somma così cospicua per tutto il parco potrebbe non essere facile (servirebbero almeno 13 milioni di euro). Più facile è invece immaginare un’esecuzione per lotti. L’astuzia sta proprio qui: cerchiamo intanto di farci finanziare un primo lotto che da solo sia funzionale, che noi ipotizziamo intorno ai 5 milioni di euro e che abbiamo già separato in sede di progetto preliminare. Naturalmente questo primo lotto insiste sulle aree da subito fruibili e calpestabili».
E se nel frattempo dovessero arrivare i fondi per completare l’opera, cosa accadrebbe? Ci si perderebbe in ulteriori gare d’appalto? «Come per il Teatro Piccinni, nella gara d’appalto per il primo lotto cercheremo un concorrente che abbia la capacità di eseguire potenzialmente anche gli altri lotti. In questo modo, se dovessimo intercettare in corsa ulteriori finanziamenti, affideremmo i lavori di completamento alla stessa impresa senza nuove gare. La legge consente di agganciare lavori supplementari alla gara iniziale, purché rispettino il criterio di unicità dell’opera e siano già previsti nel bando, entro il limite del 50% dell’importo originario».
Chiediamo dunque chiarimenti circa l’interdizione temporanea dei due terzi del sito, argomento anch’esso al centro del dibattito: «Il Comitato ritiene che le prescrizioni non siano chiaramente scritte e siano in un certo senso opinabili. Questa osservazione non vede concordi i tecnici comunali, che ritengono invece la questione ben evidenziata. Noi come figure politiche siamo super partes – spiega Galasso – per cui abbiamo invitato i tecnici ad approfondire questo aspetto, eventualmente interfacciandosi con altri enti. Tuttavia, seppur dovesse decadere il vincolo, perseguiremmo comunque la strada del finanziamento per lotti, essendo quella che offre prospettive più realistiche».
Ma come si potrà agire sulle aree attualmente non calpestabili? «Tutti i camminamenti, le piazze e gli spazi ludico-sportivi, in sede di progettazione, sono stati concentrati nell’area già fruibile di 40mila mq, affinché la città ne possa trarre subito beneficio. Per le aree non calpestabili è prevista invece la sistemazione a verde con prato, alberi, arbusti e orti urbani, il che potrebbe essere realizzato anche prima che decada il vincolo, fondi permettendo. Sarebbero aree visibili ai cittadini ma temporaneamente non disponibili. Una volta decaduto il vincolo (trascorsi i due anni o prima se ci riuscissimo), anche lì potremmo inserire facilmente percorsi e spazi attrezzati. Intanto partiremmo dal verde: è la prima cosa da implementare in un parco perché ha bisogno di crescere».
Anche se il parco non dovesse aprire da subito per intero, sarebbe comunque un traguardo straordinario: «Eventuali polemiche in merito non renderebbero onore alla battaglia strepitosa che abbiamo condotto. – conclude Galasso – Quel sito è stato dichiarato inedificabile, è stata demolita l’ex fabbrica e il tutto è stato destinato a verde pubblico. Tre risultati gloriosi che non possono essere macchiati con l’accusa di realizzare un “parchetto” da 40mila mq invece che da 120mila. La superficie è enorme e sarà interamente restituita alla città, nei tempi dettati dai finanziamenti e dalle prescrizioni».
Con l’auspicio che i fondi arrivino al più presto e che la burocrazia non comporti ulteriori perdite di tempo, siamo convinti che il Parco della Rinascita sarà un meraviglioso e meritato riscatto per la città di Bari. Il danno ambientale e urbanistico sarà sanato, quello umano purtroppo no, ma almeno le vittime della Fibronit saranno ricordate nel migliore dei modi.