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Viaggio nel mondo dei corrieri: “Vita di sacrifici. Una consegna ogni 3 minuti”

Una categoria dimenticata, prigioniera di una routine quotidiana che è fatta di fretta e stress, senza dimenticare i pericoli che si corrono in mezzo ad una strada. Il mestiere del corriere ha subito molte modifiche, negli ultimi anni, con l’aumento esponenziale delle commesse, correlato alla nascita di colossi del web che basano il loro business proprio sul far pervenire il prodotto al domicilio del cliente, come ad esempio Amazon. Dietro ogni pacco che raggiunge le nostre case c’è il complesso lavoro delle ditte di logistica, il cui ultimo anello è proprio il tizio che viene a recapitarci quel che abbiamo ordinato.

Parliamo di una persona che, per una paga non eccelsa, che nella migliore delle ipotesi arriva a 1200 euro al mese, passa gran parte della propria giornata su un furgone, spesso senza fermarsi per ore e senza poter sostare nemmeno per mangiare. Grazie a Nicola, 37 anni, abbiamo provato l’esperienza di salire su uno dei mezzi di una delle più affermate aziende del campo, per cercare di capire le difficoltà più volte segnalate da chi svolge questa mansione.

L’appuntamento, nel pomeriggio dell’8 gennaio. Saliamo sul veicolo al rione Carrassi, ma la zona da battere palmo a palmo è quella di Carbonara, con una puntatina a Loseto. Già da subito ci accorgiamo che di lavoro ce n’è, un’ottantina di pacchi, da recapitare in quattro ore. Sono le 14, ed il nostro contatto ha già provveduto, in mattinata, alle operazioni di carico della merce. Il mezzo a disposizione non è dei migliori, per girovagare nelle strette viuzze di quella parte periferica di Bari. Troppo grande, in un quartiere nel quale non sempre è semplice parcheggiare nemmeno un’utilitaria. Ecco perché, spesso, questi mezzi sostano dove non dovrebbero, rischiando anche multe salate.

Nicola spiega: “Faccio questo lavoro da anni. Forse gli utenti finali del nostro servizio non si rendono conto dei sacrifici che facciamo noi corrieri. In media, dovremmo riuscire a fare una consegna ogni 3-4 minuti, per tenere contenti clienti e padroni. Ma chi ricopre ruoli dirigenziali, spesso, non ha cognizione del fatto che, lavorare a questo ritmo, è insostenibile. Molti, infatti, mollano questo mondo dopo qualche mese.”

Se ne capiscono i motivi, se si tiene in considerazione il fatto che, non di rado, non è consentito fermarsi nemmeno per i propri bisogni fisiologici. Un tour de force continuo, da ripetere per 5-6 giorni a settimana. E, intanto, una pioggia torrenziale si abbatte su di noi.

Continua Nicola: “Non abbiamo ferie. Se non posso lavorare, io perdo soldi, anche se mi ammalo. In un periodo come questo, con il Covid, siamo perennemente a contatto con la gente, ed è giusto avere paura per sè e per la propria famiglia. Dovremmo avere maggiori diritti, ed un ritmo di lavoro più umano. Ma, senza persone come me, questo business andrebbe a farsi benedire. Chi ci guadagna davvero, però, non sono certo io.”

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