“C’era una volta Miragica…”, il racconto dell’ex lavoratore tra nostalgia e sogni traditi

La notizia del fallimento di Miragica, l’unico parco a tema in Puglia, ha inferto una profonda ferita nel cuore di molti degli oltre cento lavoratori con contratto a chiamata (un’altra ventina erano invece impiegati a tempo indeterminato negli uffici, ndr) che qui avevano trovato una risorsa economica oltre che visto nascere e crescere quella che veniva definita l’oasi di attrazione per famiglie e adolescenti. Il parco di Molfetta attirava tantissimi baresi, alcuni vi lavoravano. L’età media del personale era intorno ai 20 anni e proprio la giovane età consentiva loro di percorrere i 30 chilometri persino dopo la mezzanotte. Non pochi coloro che qui sono cresciuti, e non solo professionalmente, perché hanno lavorato per anni. Abbiamo voluto sentire uno di loro per rivivere con lui i momenti di successo prima e declino poi, per cercare di capire dove forse si è sbagliato e perché oggi quello che avrebbe dovuto essere – così si sperava – il volano del turismo del Nord Barese si è ridotto ad una città fantasma di circa 10 ettari con 18 attrazioni ormai abbandonate, oltre ad un teatro e un cinema in 4D, destinati a diventare rottami e strutture in rovina.

«La notizia del fallimento l’ho appresa tramite un articolo condiviso da un amico sul suo profilo social – racconta a Bariseranews Lorenzo C., 33 anni di Molfetta, laureato in scenografia all’Accademia di Belle arti di Bari, trasferitosi da più di tre anni a Roma dove ora lavora – Sono rimasto profondamente amareggiato così come i miei ex colleghi. Tutti abbiamo immediatamente condiviso le foto ricordo di quella che per me è stata un’esperienza lunga sette stagioni e di cui porto e porterò sempre un caro ricordo. Non ci ha meravigliato, ma la speranza che qualcuno potesse acquistare il parco l’avevamo tutti in animo. Ora invece…».

Già, invece ora resteranno solo ricordi di un’esperienza non solo lavorativa ma anche umana e dove, ci assicura l’ex collaboratore, «tutti noi abbiamo lasciato un pezzo del nostro cuore all’interno del parco. L’atmosfera che vivevamo era allegra, unica e contagiosa. Per la città di Molfetta rappresentava la svolta soprattutto perché la zona industriale negli anni è stata rivoluzionata. Se oggi c’è un ipermercato e altre aziende – dice convinto Lorenzo – forse è anche grazie a Miragica. Era qualcosa di bello e nuovo per il territorio».

Nonostante si trattasse di un’occupazione precaria, proprio perché a chiamata, e non c’era mai la sicurezza di essere riconvocati per la stagione successiva e per tutti i mesi di apertura (da marzo a novembre, più la prima settimana dell’anno nuovo) «ho nostalgia di quei tempi anche perché è qui che ho iniziato la mia carriera di scenografo – riferisce ancora Lorenzo – Ho iniziato prima in teatro per organizzare, con un team dedicato, eventi in teatro e stunt show, piuttosto che sfilate e passeggiate con la mascotte Samy e i ballerini, nonché occuparci di concerti di cantautori italiani ed altri eventi straordinari. Poi ci hanno pure affidato il compito di gestire i flussi di gente alle varie attrazioni. Proprio il poter avere contatti diretti con il pubblico mi è servito personalmente a crescere caratterialmente, ad essere meno timido e ad imparare ad affrontare le varie situazioni e pure a rispondere sempre in maniera educata e rispettosa verso chi poteva dimostrarsi un po’ arrogante o insistente perché non accettava il fatto di non poter salire su una giostra con la figlia perché più bassa del consentito, cosa che sarebbe stata pericolosa».

La gente, soprattutto giovani, era in cerca di divertimento e adrenalina. Qui arrivavano soprattutto nuclei familiari e adolescenti dalla Puglia o dalla Campania, pochi gli extra-regionali che si fermavano perché comunque di passaggio durante le vacanze. «C’erano numerosi abbonati e famiglie fedeli al parco. Ogni anno tornavano per trascorrere una giornata di divertimento e si erano affezionati a noi tanto che venivano persino a salutarci appositamente – rammenta con malinconia evidente l’ex lavoratore – Il record di presenze lo registravamo nei mesi di luglio e agosto, quando aprivamo tutti i giorni, e soprattutto nelle notti bianche quando il parco era aperto anche di notte. In tali occasioni siamo arrivati sino a 5.000 presenze in un solo giorno».

Tra le 18 attrazioni quelle più “gettonate” dagli adolescenti e dagli adulti erano sicuramente la Torre con caduta da circa 48 metri e la montagna russa accelerata, la Launched coaster, che in pochi secondi era in grado di far raggiungere la velocità di circa 90-100 km orari «ci sono salito pure io con i miei colleghi. Ogni tanto, a fine turno di lavoro, ci andavamo o ci intrattenevamo nel parco per divertirci pure noi. La Launched coaster, come tutte le giostre era tecnologicamente sicura. Era dotata di un sistema di sicurezza straordinaria a mio avviso. Bastava che passasse un’ape davanti ad un sensore che il sistema rallentasse immediatamente la corsa per fare arrivare i vagoni nel punto meno pericoloso». Quasi sempre i visitatori non capivano che il sistema di sicurezza era entrato in funzione, se ne accorgevano solo gli addetti ai lavori.

Vanto di Miragica era sicuramente che tutte le giostre erano accessibili ai disabili, erano infatti progettate con posti dedicati a chi era costretto in carrozzina. «Tra gli episodi che porterò sempre nel cuore – aggiunge Lorenzo – il fatto che spesso arrivavano pullman con comitive di non udenti e sordomuti. All’inizio per noi era complicato comunicare con loro, soprattutto perché gli avvisi venivano diramati solo tramite microfono attraverso la filodiffusione e toccava a noi doverli avvertire di quanto detto. Con il passare degli anni abbiamo tutti imparato a parlare un po’ più lentamente, scadendo bene le labbra in modo che potessero leggere il labiale. In tali occasioni ho scoperto che i non udenti sono persone che hanno necessità di ‘toccare’ una caratteristica dovuta proprio a questa disabilità che li porta a cercare, in questo modo, di attirare l’attenzione. Prima lo ignoravo».

Fin qui i bei ricordi, quelli da portare con sé per tutta la vita. Poi è iniziato il declino. Il calo delle presenze è cominciato piano, non è stato repentino, ma tutti i dipendenti lo hanno avvertito da subito. Le avvisaglie erano più d’una. «Sono rimasto a lavorare a Miragica sino al 2016 – aggiunge Lorenzo C. – Negli ultimi anni era calato il numero dei visitatori e si era abbassato il livello qualitativo degli show. L’azienda aveva iniziato a fare dei tagli. Se prima c’erano ad esempio trapezisti e trampolieri, questi non venivano più chiamati e pure il corpo di ballo era ridotto di numero. Quando mi è stata offerta la possibilità di un contratto più sicuro sono andato via, anche perché in sette anni, gli stipendi a livello economico sono rimasti sempre uguali. Ho saputo da alcuni collegi, che hanno lavorato sino all’ultima stagione del 2018, che gli stipendi, nell’ultimo periodo, venivano pagati anche un paio di mesi di ritardo. Nonostante ciò tutti conserviamo un bel ricordo. Mi manca quel calore familiare che si era creato tra noi lavoratori. Arrivavamo lì con la consapevolezza che ci aspettava una giornata dura, il lavoro non era facilissimo, anche perché stare a contatto con la gente, di vario stato sociale e culturale, non è una passeggiata. Collaboravamo molto tra noi, la nostra forza era proprio il lavoro di squadra».

Qualche errore, a livello manageriale, è però stato fatto altrimenti non si spiega perché la chiusura e poi il fallimento, anche se la mancata vendita è sicuramente dettata dalla crisi da pandemia da covid. Tutti gli ex lavoratori hanno infatti sperato sino all’ultimo che non fosse decretata questa fine, ma il debito di oltre 21 milioni di euro non potrà evitare in alcun modo questa amara conclusione. «A mio parere l’unico errore è stato – dice convinto Lorenzo – quello di non aver investito in un ampliamento e nel rinnovo di giostre, importanti e necessari in questo settore. L’ultimo anno in cui ero lì a lavorare erano stati avviati gli scavi per un acqua park, o così si diceva, poi hanno interrotto tutto, ma a noi non hanno mai detto nulla di più specifico. Le attrazioni erano rimaste sempre le stesse, se si fa eccezione per due arrivate da altro parco divertimenti ma non erano molto allettanti. Per questo molti clienti non sono stati più interessati a tornare. Non ho idea di come abbiano fatto ad accumulare tanti debiti, di sicuro so che avevano spese non indifferenti per la manutenzione a cominciare, essendo un parco a tema, dalle scenografie che io stesso ho in parte restaurato nel periodo invernale, quando era chiuso al pubblico. Erano tutte in vetroresina compresi i manichini e più volte sono stato chiamato, con contratti a progetto, per ritinteggiare piuttosto che rimettere a posto pezzi staccati tra cui mani o dita di manichini».

Amaramente bisogna constatare che la Puglia ha perso un altro pezzo della sua economia, di ciò che poteva essere e non è stato.

Anna Caiati

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