Tutti la cercano, ma nessuno la trova. Lei, la pantera nera, è la regina indiscussa di questo inverno barese. Si aggira tra i campi, scorrazza in libertà, viene segnalata da un punto all’altro della Città metropolitana. Si organizzano battute di caccia, si moltiplicano gli inviti alla prudenza, si collocano esche nei punti strategici. La pantera, però, non riesce finora a catturarla nessuno. Ma come è finito “il fantasma della giungla” – così soprannominato per la capacità di mimetizzarsi – dalle nostre parti?
Una risposta prova a darla addirittura il quotidiano inglese The Telegraph, con un titolo ad effetto: “Black panter spotted in southern Italy could be escaped pet of a mafia boss”. In sintesi, associa la pantera alla Sacra corona unita, alla passione dei boss per gli animali esotici, segno inequivocabile di potere. Quanto c’è di vero? Al di là del caso specifico (qualcuno il felino lo custodiva) la vicenda accende i riflettori sul fenomeno delle Zoomafie. Che interessa anche la nostra regione. Tutti i filoni del fenomeno, dalle corse clandestine di cavalli, al combattimento tra cani, al traffico di fauna selvatica, sono presenti nei rapporti annuali stilati dagli esperti.
Nell’ultima analisi diffusa – sui dati del 2019 – L’Osservatorio nazionale della Lav ha preso in considerazione quanto ricevuto da 4 Procure ordinarie su 6 (non hanno risposto quelle di Brindisi e Lecce) e da tutte e tre le Procure minorili. Sono 450 i fascicoli aperti (il 4,7 per cento di quelli nazionali) con un tasso di 11 procedimenti ogni 100mila abitanti e 255 gli indagati. Questa la situazione di Bari: 28 procedimenti con 6 indagati per uccisione di animali; 28 procedimenti e 16 indagati per maltrattamento di animali; 1 procedimento con 1 indagato per uccisione di animali altrui; 11 procedimenti con 11 indagati per abbandono o detenzione di animali in condizioni incompatibili; 8 procedimenti e 11 indagati per reati venatori o relativi alla fauna selvatica. In totale nel 2019 sono stati registrati 76 procedimenti con 45 indagati. Rispetto al 2018, i fascicoli sono aumentati di circa l’1%, passando da 75 a 76; mentre si registra un calo degli indagati pari a circa -48%, passati da 86 a 45. Negli ultimi cinque anni (dal 2015 al 2019 compreso) sono stati aperti 367 procedimenti con un totale di 278 indagati.
Spiega Ciro Troiano, responsabile dell’Osservatorio: “I traffici legati allo sfruttamento degli animali, come diciamo da anni, rappresentano un’importante fonte di guadagno per i vari gruppi criminali che manifestano una spiccata capacità di trarre vantaggio da qualsiasi trasformazione del territorio e di guadagnare il massimo rischiando poco. A livello internazionale, la criminalità organizzata dedita ai vari traffici a danno degli animali si distingue per la sua capacità di agire su scala internazionale, per il suo orientamento al business, per la capacità di massimizzare il profitto riducendo il rischio. Sono il simbolo, al pari delle altre mafie, della società globalizzata”.
Torniamo alla pantera. Da dove potrebbe essere spuntata? Le ipotesi sono due. La prima punta il dito contro il mondo dei circhi, dove i controlli non sono così stringenti. Soprattutto per quanto riguarda i cuccioli di animali più o meno feroci, esiste una specie di zona grigia che sfugge ai monitoraggi. Insomma, non è poi così difficile acquistare un animale nato in cattività. Però le pantere non si esibiscono nei circhi. Un particolare che renderebbe poco credibile questa ipotesi.
La seconda pista porta direttamente al traffico internazionale di animali. Il dark web è una miniera d’oro dove si può ottenere tutto. Basta pagare. Tempo fa circolavano fotografie e video, di chiara provenienza africana, allegate ad una mail in inglese, che offrivano qualsiasi cucciolo. Rettili, felini, coccodrilli, serpenti, trasportati in sacchi di iuta in modo da far passare l’aria. I metodi di cattura e di “spedizione” sono così violenti che gli animali stivati a bordo di aerei o di navi per giungere a destinazione, oscillano tra il 10 e il 50 per cento di quelli spediti. Le immagini sono finite nelle mani degli investigatori, che continuano ad approfondire alcuni aspetti ritenuti interessanti. C’è chi ricorda come la pantera sia un simbolo di potere nelle mani dei boss, scelto magari per impressionare gli amici, intimidire i nemici, affermare la propria superiorità. Potrebbe essere scappata da una villa.
La memoria storica ci riporta indietro di alcuni decenni, quando in un blitz a Terlizzi delle forze dell’ordine fu ritrovato un leone nella villa di un noto pregiudicato. Animale sequestrato. Oppure al blitz nei confronti di Lucio Vetrugno, personalità di spicco della Sacra corona unita, che custodiva in villa una tigre siberiana. Simba, un leone di 160 chilogrammi, era incaricato di fare la guardia all’abitazione di un noto esponente della Camorra, mentre Antonio Cristofaro, quando doveva estorcere somme ai commercianti, si presentava con un caimano. Per terrorizzarli.
Poi, tante leggende metropolitane. Storie verosimili. Dall’anaconda a guardia di un deposito di armi, al puma del Nord Barese. Vero, invece, il racconto del cammello in una masseria di Bari città. Tutto regolare perché l’animale non rientra più tra quelli vietati dalla convenzione Cites.
Pasquale Salvemini, una vita in difesa della natura, di animali se ne intende. Più passa il tempo, più aumenta il suo scetticismo sulla pantera: “Troppi avvistamenti in zone diverse. Possibile che in campagne fortemente antropizzate come le nostre non ci sia stato nessun faccia a faccia diretto? Eppure il felino lo cercano tutti. Ma le immagini disponibili, alla fine, sono spesso sfocate, non consentono una identificazione certa”.
Nani Campione