I medici e gli infermieri dell’ospedale Di Venere di Bari prendono posizione contro l’omo-bi-transfobia. Ha fatto il giro dei social, infatti, la foto degli operatori sanitari del nosocomio pugliese con la scritta “Ddl Zan” in evidenza sulle tute protettive in dotazione a chi lavora nei reparti Covid. Il decreto legge, attualmente bloccato al Senato dall’ostruzionismo del centrodestra (Lega in testa), è uno degli argomenti su cui l’opinione pubblica si sta confrontando e dividendo. Qualora approvato, infatti, il Ddl Zan andrebbe a integrare l’attuale legge Mancino, aggiungendo la discriminazione contro omo-bi-transessuali e disabili a quelle già perseguite dal provvedimento normativo in vigore.
Commentando il gesto di medici e infermieri del Di Venere, il deputato “dem” Alessandro Zan (che ha dato il nome al Ddl), ha scritto: «Com’era? In pandemia non ci si può occupare di diritti? Ditelo a loro, che il Covid lo combattono, ma per davvero. Semplicemente grazie».
E, difatti, uno degli strumenti di ostruzione portati al Ddl in Senato (dopo l’approvazione alla Camera dello scorso novembre) risiede nella contestazione per cui in un periodo di pandemia non ci si può occupare d’altro se non della crisi sanitaria. «Non ci aspettavamo una presa di posizione del genere da parte del personale sanitario del Di Venere – commenta Matteo Nigri, attivista dell’associazione barese Mixed Lgbt. Hanno dimostrato che si può pensare sia alla pandemia sia ai diritti civili, senza strumentalizzare la situazione sanitaria. Per noi è ancora più importante questo gesto rispetto agli interventi di personaggi famosi che si stanno esponendo a favore della legge. Loro hanno sentito di doverlo fare, e hanno spaccato la barriera fra crisi sanitaria e diritti civili».
Altrettanto inaspettata è stata la presa di posizione della ex senatrice Alessandra Mussolini, che si è espressa in favore del Ddl Zan: «In passato si è esposta in senso contrario – ricorda Nigri. Vorremmo capire se questa presa di posizione è vera oppure è una mossa per accattivarsi l’elettorato Lgbt o che appoggia queste cause. Speriamo, comunque, che altri esponenti di destra, come ha fatto Mara Carfagna nei mesi scorsi, seguano l’esempio e si espongano a favore».
Dall’associazione barese, infatti, sottolineano l’importanza crescente di uno strumento normativo che tuteli la comunità Lgbtqi italiana, che proprio durante la pandemia ha – in molti casi – vissuto momenti di violenza e discriminazione: «Nell’ultimo anno la questione dei diritti è stata compressa dalla pandemia – prosegue Nigri. La nostra comunità, durante il lockdown, ha visto un’impennata di violenza in famiglia: in casa ci sono molte dinamiche che non funzionano, e la mancanza del welfare statale nell’ultimo periodo si è sentita molto».
E proprio qui entrerebbe in gioco la nuova legge. Nigri spiega: «Il Ddl Zan interverrebbe non solo dal punto di vista punitivo, quello maggiormente contestato con la falsa accusa di essere “liberticida”, ma anche sul tema formazione/informazione per diverse fasce di età e, soprattutto, istituirebbe rifugi per chi subisce violenza domestica o viene cacciato di casa. Il Ddl Zan avrebbe agito nel caso attuale di Malika, ragazza allontanata dalla famiglia e che solo con una raccolta fondi ha potuto continuare a vivere. I centri violenza sono pochi, quando invece dovrebbero essere estesi alle vittime di tutte le discriminazioni; questo Ddl lo andrebbe a fare. Vogliamo che venga approvato, senza emendamenti».
Sembra, invece, definitivamente naufragato il progetto di una legge regionale della Puglia contro l’omo-bi-transfobia. Era uno dei punti “clou” del primo mandato di Michele Emiliano, ma anche qui ostruzionismo e poca volontà politica hanno fatto finire la cosa nel dimenticatoio. «Anche in questo caso, con la scusa dell’assessore alla Sanità impegnato nella gestione del Covid, non se ne parla più. Quel Ddl regionale introdurrebbe un osservatorio sulle discriminazioni e creerebbe nuovi spazi per la formazione nelle scuole, fortificando il percorso nazionale. Inoltre, in Puglia c’è in sospeso anche la questione della terapia ormonale sostitutiva per chi ha intrapreso la transizione di genere, che l’Aifa, ormai da mesi, ha reso gratuita. L’Agenzia del farmaco ha demandato alle regioni l’organizzazione: se in Emilia-Romagna o in Veneto la cosa procede spedita, in Puglia ancora è tutto fermo», conclude Nigri.