Un parco eolico nel Sud-Est barese? Sindaci e cittadini dicono “no” in difesa del territorio

La Puglia produce circa il doppio del proprio fabbisogno energetico, di cui oltre il 40% da fonti rinnovabili, ed è la prima esportatrice di energia elettrica tra le regioni italiane. A questo punto è lecito chiederci: siamo davvero disposti a svendere il nostro territorio, ancora una volta, per un “bene superiore” che non ci frutterebbe benefici ma solo danni?
E’ al centro delle polemiche, da alcuni mesi, il progetto di Enel Green Power per la costruzione di un parco eolico tra Acquaviva delle Fonti e Casamassima. Lo scorso 22 dicembre, la società proponente ha formalizzato l’istanza per l’avvio del procedimento di Via (Valutazione di impatto ambientale) presso il ministero dell’Ambiente. A breve la commissione tecnica sarà chiamata a esprimere un verdetto, dopo aver raccolto i pareri della Regione Puglia e degli enti locali coinvolti, assieme alle osservazioni del pubblico.

Nello specifico, il progetto prevede l’installazione di 15 aerogeneratori (turbine eoliche), di cui 6 ricadenti nel territorio comunale di Acquaviva e 9 nel territorio di Casamassima, per una potenza complessiva di 90 MW. Il modello di turbina scelto, tra i più grandi sul mercato, raggiunge l’impressionante altezza di 200 metri sommando la quota della torre alla lunghezza delle pale in rotazione. Per rendere meglio l’idea, equivale a circa due terzi della Torre Eiffel.
E’ previsto poi un sistema di piazzole e strade (alcune da realizzare ex novo, altre da riadattare pesantemente), che si renderebbe necessario per la costruzione e l’esercizio dell’impianto, e naturalmente il collegamento alla rete elettrica nazionale. La corrente generata dalle turbine verrebbe trasformata, tramite sottostazioni elettriche, dalla tensione di 33 kV a 380 kV e infine immessa nella dorsale Andria – Brindisi Sud, gestita da Terna.

Come è facile immaginare, un impianto del genere collocato proprio in quell’area vanificherebbe la sua impronta “green” con un devastante impatto paesaggistico. A farne le spese non sarebbero solo Acquaviva, Casamassima e i comuni limitrofi, ma un po’ tutta la conca di Bari, immaginando la visibilità delle turbine eoliche da notevole distanza. Persino nelle ore notturne si avrebbe un panorama compromesso dato che, in base alle normative Enac sulla sicurezza del traffico aereo, le strutture andrebbero dotate di luci di segnalazione.
A destare ulteriore preoccupazione sono tanti altri fattori, tra cui i possibili effetti dell’inquinamento acustico sulla popolazione e sulla fauna locale, la pericolosa vicinanza degli aerogeneratori a fondi agricoli e strade regolarmente utilizzate, nonché l’alterazione del naturale ciclo idrologico causata dalle superfici impermeabili previste dal progetto.
Cosa ne sarebbe invece del tessuto produttivo? La zona in questione è ricca di uliveti, vigneti, masserie, muretti a secco e costruzioni rurali tipiche del paesaggio pugliese. Stravolgerne i connotati significherebbe danneggiare le attività primarie che la caratterizzano (coltivazioni e allevamenti), ma anche compromettere i percorsi di promozione turistico-culturale già intrapresi o in programma, che fanno dell’autenticità del territorio il loro punto di forza.

«Sono favorevole all’energia eolica, ma il nostro territorio non ha una vocazione in tal senso. – afferma Davide Carlucci, sindaco di Acquaviva – Per captare venti sufficientemente forti, la società promotrice del progetto vuole realizzare un impianto dotato di turbine gigantesche, alte 200 metri, che sarebbero del tutto fuori scala con qualsiasi elemento naturale o artificiale del nostro paesaggio. L’impatto sarebbe assolutamente negativo anche sotto altri punti di vista: proprio la zona scelta, infatti, è ricca di colture pregiate e fondamentali per l’economia locale, come ulivi e viti. Ci sono persino allevamenti e masserie che in alcuni casi rientrano in progetti di valorizzazione del territorio. Tutto questo sarebbe messo in serio pericolo dallo stravolgimento paesaggistico che si prospetta».

Preoccupazioni analoghe vengono espresse anche dal sindaco di Casamassima, Giuseppe Nitti, che trova inaccettabile l’imposizione del progetto alle comunità locali: «Siamo stati messi al corrente di quanto si intende realizzare soltanto a giochi ormai fatti, dopo che è stata presentata l’istanza per l’avvio del procedimento di valutazione ambientale. Credo che sarebbe stato opportuno coinvolgere i Comuni interessati molto prima: sono i nostri territori e le nostre comunità a dover eventualmente convivere con il parco eolico.
Un altro aspetto che non va assolutamente sottovalutato riguarda la vocazione del nostro territorio. Il progetto in questione, infatti, andrebbe a prender forma in un’area fortemente caratterizzata dalla presenza di colture tipiche locali, oltre che di un enorme patrimonio faunistico e floristico che potrebbe essere grandemente compromesso dalla costruzione del parco eolico. Senza dimenticare il turismo rurale ed enogastronomico e le sue immense potenzialità, che potrebbero subire gravi danni da queste opere. I nostri territori non possono e non dovranno essere penalizzati. Perché questo non lo permetteremo, attraverso l’utilizzo di tutti gli strumenti di legge che potranno essere impiegati per tutelarli, proteggerli e salvaguardarli».

Entrambi i consigli comunali di Acquaviva e Casamassima, nella seduta del 17 marzo, hanno espresso l’assoluta contrarietà alla realizzazione del parco eolico. Il progetto, peraltro, risulta incompatibile con i rispettivi Piani regolatori generali, che vincolano quelle aree all’uso agricolo e impongono limiti stringenti per le strutture artificiali.
Non sembrano rispettate nemmeno le linee guida del Pptr (Piano paesaggistico territoriale regionale) laddove, per la costruzione di impianti eolici di medie e grandi dimensioni, la Regione indica come luoghi adatti le aree industriali e produttive, le zone in prossimità di bacini estrattivi e le aree agricole di mitigazione (ossia scarsamente redditizie).

A bocciare con decisione il progetto è stato persino il consiglio comunale di Sammichele di Bari, città che seppur non candidata a ospitare gli aerogeneratori in questa circostanza, ne subirebbe comunque pesanti ripercussioni.
«Il nostro territorio ha un’estensione limitata, per cui alcune delle turbine eoliche previste in ambito di Casamassima sarebbero addirittura più vicine all’abitato di Sammichele, con un impatto visivo devastante. – spiega Lorenzo Netti, sindaco di Sammichele – Stiamo facendo di tutto per valorizzare il territorio con produzioni autoctone, ma questo impianto stravolgerebbe le nostre tradizioni e la nostra storia. Per accedere ai punti in cui avrebbero deciso di installare le turbine, andrebbero distrutte coltivazioni, tratturi, muretti a secco… un intero ecosistema rurale che non si potrebbe più ripristinare nella sua autenticità. Immaginate poi la grandezza dei plinti di fondazione che dovrebbero sostenere queste strutture enormi, alte 200 metri.
Lo stesso piano paesaggistico regionale dice che impianti del genere vanno realizzati in zone già degradate, o comunque non di pregio, e mi sembra evidente che non siamo in questo caso. Il nostro territorio vanta tutta una serie di eccellenze enogastronomiche come l’olio d’oliva, la zampina di Sammichele, la cipolla rossa di Acquaviva, il vino primitivo Doc e la mozzarella Dop di Gioia del Colle. Da anni siamo impegnati nella promozione di un turismo di qualità, facendo rete anche con le masserie e le strutture ricettive. Non possiamo assolutamente accettare l’iniziativa di Enel Green Power, perché significherebbe giocarci le prospettive future».
Il sindaco Netti in realtà non è nuovo a battaglie simili: già nel 2015, da consigliere comunale, si schierò in prima linea contro un progetto analogo della società Micropower, che prevedeva un parco eolico leggermente più piccolo tra Casamassima e Sammichele (12 aerogeneratori per complessivi 40,8 MW). «Le fonti rinnovabili e la libera iniziativa imprenditoriale sono sempre le benvenute, ma a patto che si sviluppino in maniera armonica con il territorio. Non è ammissibile che le aziende vengano qui per trarre profitto distruggendo l’ecosistema e impoverendo il tessuto socio-economico locale. La Puglia produce molta più energia di quella che consuma e penso che abbia già concesso troppo, in termini di danni ambientali. Adesso è il momento che si facciano avanti le altre regioni che da noi importano».

Tutte le argomentazioni espresse in ambito politico sono state ampiamente ribadite e approfondite da una sfilza di associazioni, consorzi, cooperative e soggetti privati che si sono uniti a difesa del territorio, trasmettendo la documentazione al Ministero con la speranza di bloccare il progetto di Enel Green Power.

Purtroppo il parere della Regione non è vincolante ai sensi della procedura di Via, né tantomeno lo sono i pareri delle comunità locali, ma dimostrano che in Puglia sopravvive una coscienza collettiva sulla quale non fanno presa gli specchietti per le allodole. Già, perché di questo si tratta.
A chi giova l’energia “pulita” prodotta a scapito del nostro territorio, così ricco di biodiversità, tradizioni ed eccellenze da valorizzare? Facile immaginarlo, visto che metà della nostra produzione annua finisce per foraggiare le regioni più industrializzate del Centro-Nord Italia. E pensare che non riceviamo alcun indotto economico o ristoro proporzionato ai danni subiti. Anzi, paghiamo i nostri consumi come se fossimo noi a importare corrente elettrica.
Paradossale poi che nonostante questo virtuoso surplus energetico, siamo ancora costretti a convivere con autentici ecomostri, come la centrale a carbone di Cerano (Brindisi) – una delle principali fonti di CO a livello nazionale –, gli smisurati parchi eolici sui monti Dauni, o i campi fotovoltaici che sottraggono terreno all’agricoltura. Oltre al danno, pure la beffa.

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