LA SCUOLA AL TEMPO DEL COVID

Bari – Aprile 2021

Ciò che vogliamo raccontare oggi è l’esperienza personale di Pietro, ora studente di I media che si è trovato catapultato, senza accorgersene, in una strana storia dove i protagonisti si chiamano DAD, DID e Asincrono e dove tutto, un giorno, è cambiato segnando quelli che un domani si spera saranno solo ricordi (lontani).

“Quel giorno di Marzo del 2020 lo ricordo molto bene: ero uscito da scuola, salutato la maestra e i compagni (frequentavo la 5^ elementare a quel tempo) e con la nonna mi ero diretto verso casa. Che sarebbe stato un pomeriggio diverso l’avevo capito: la testa era pesante, le gambe mi tremavano e avevo un forte mal di pancia. Senza capire nulla, mi risvegliai in ospedale con mia madre; intorno c’erano persone per me strane con mascherine e tute bianche. Nella stanza la tv era accesa, il Presidente Conte parlava…le uniche parole che mi rimasero impresse furono: – Chiudiamo tutto! Andrà tutto bene!-

Non sapevo ancora che le nostre vite sarebbero state stravolte.

Fui dimesso poco dopo, avevo avuto un blocco intestinale, ma stavo meglio dopo delle flebo ed una lavanda gastrica, ma ancora non avevo capito ciò che invece ora è chiaro: avrei avuto un nuovo amico…il TABLET!

Mi fu spiegato che a scuola non sarei potuto andare per un po’, che a calcio non avrei giocato, che la piscina l’avrebbero chiusa e che non potevamo uscire di casa.

Spiegare cosa ho provato un quel momento è difficile, mi sembrava di essere naufragato e di essere spinto verso il fondo del mare dalla potenza vorticosa di un elica.

Passarono un paio di giorni; mia madre era rappresentante di classe e la sentivo parlare al telefono con le maestre, chiedere agli altri genitori chi non avesse tablet o non avesse connessione, vedere se andasse meglio “Collabora” o “Classroom”, “Zoom” o “Meet”.

Era per me un’altra dimensione.

Iniziò la nuova settimana e dietro lo schermo di un tablet iniziai a vedere la mia amata Maestra Amelia (la sua forza, la sua voce, i suoi gesti mi mancavano più di ogni altra cosa) e i miei compagni. In poco tempo la scuola era cambiata tra studio “alternativo” e i vari “NON SENTO”, “MAESTRA PUOI RIPETERE”, “COME SI ACCENDE LA FOTOCAMERA”.

L’anno scorso ho imparato che i rapporti sono la base della nostra vita e ho capito come anche un compagno un po’ antipatico in realtà può mancarti da morire. Perché ti manca il contatto, ti manca il litigio, ti manca la complicità, ti mancano le giornate. Ho rimpianto quelle mattine dove a scuola non volevo andare, ho sperato che tutto finisse come succede con i brutti sogni.

Ma lo scorso anno scolastico è finito così, con una festa d’addio in DAD, curiosa creatura che per tre mesi ci aveva accompagnato tra compiti di realtà come la torta di mele che nascondeva delle equivalenze, ore ASINCRONE dove collegato non c’era nessuno e bisognava studiare da soli per poi consegnare il proprio lavoro alla fine dell’ora e ore di educazione motoria rivisitate e corrette dalla mia mitica maestra.

Quando riguardo i video di quei momenti, scende un po’ di malinconia per tutto quello che questo virus ci ha tolto (e, lo posso dire, per tutto quello che ancora ci sta togliendo). La maestra Amelia l’avevo conosciuta l’anno scorso, ma era come sa la conoscessi da tempo, era entrata nei nostri cuori e nelle nostri menti, ci faceva sentire speciali e importanti e questo era quello che in DAD più mi era mancato.

L’estate passò quasi normalmente come le altre, il pensiero però andava alla scuola: tutto sarebbe stato nuovo, compagni, aule, professoresse. La situazione intorno faceva sperare che sarebbe tornata la “vecchia” scuola, quella pre COVID.

Ma dopo un breve inizio, utile a conoscere i nuovi compagni, i nuovi professori, i nuovi spazi, il virus è tornato nelle nostre vite, più forte, più cattivo, più disastroso.

E allora è tornato il mio amico tablet, ho imparato che DAD e DID sono in realtà cugine che si alternano a seconda dei periodi: DAD quando tutti sono a casa, DID per chi sceglie di stare a casa quando altri sono a scuola.

La confusione è tanta come le emozioni: a marzo scorso sembrava quasi un brutto gioco dove però qui da noi in Puglia vincevano i buoni, ora invece i buoni combattono ma non ce la fanno ed ognuno di noi ha perso qualcuno per colpa di questo virus.

La scuola continua a mancarmi, tanto, ma la situazione a casa impone prudenza e noi, ragazzi dodicenni, sembriamo piccoli adulti costretti ad affrontare una guerra dove il nemico è invisibile.

Penso a come sconfiggerlo, a come dare tranquillità agli occhi preoccupati di mia madre, penso a tante cose, ma più di tutte penso che vorrei indietro la mia normalità, le ore passate a scuola, chiacchierare anche se la prof si arrabbia, la ricreazione che scorre veloce parlando delle skill di Fortnite, gli sguardi con gli amici che nascondevano appuntamenti all’uscita.

Manca tutto ciò che ci fa sentire spensierati.”

Pietro Nicola Rinaldi, 1^F, scuola secondaria di I grado IC “Mazzini Modugno”

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