Ancora Lorenzo Caldarola, ancora il clan Strisciuglio. La giustizia presenta il conto per uno dei tanti filoni di inchieste legati alle attività illecite della Piovra del malaffare. Questa volta tocca al processo “Gaming machine” e sulla gestione delle videolottery. Il gup del Tribunale di Bari Antonella Cafagna ha infatti condannato a pene comprese tra i 2 anni e i 7 anni e 8 mesi di reclusione i 9 imputati, al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato.
Il giudice ha condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione il boss Lorenzo Caldarola, alla pena di 7 anni e 8 mesi di reclusione l’imprenditore barese Baldassarre D’Ambrogio. La condanna a 5 anni e 4 mesi di reclusione è stata inflitta nei confronti dei pregiudicati Giuseppe Quarta e Vito Raggi, a 4 anni per Gaetano Capodiferro e Rocco Minafra, a 3 anni e 4 mesi di reclusione per Vito De Feudis, a 2 anni e 8 mesi per Michele Mazzei, a 2 anni di reclusione per Leonardo Lorusso. Giuseppe Mercante, alias “Pinuccio il drogato”, deceduto di recente dopo una lunga malattia, è stato assolto nel merito “per non aver commesso il fatto”. Gli imputati rispondevano, a vario titolo, di illecita concorrenza con violenza e minaccia e con l’aggravante del metodo mafioso, estorsione, riciclaggio, usura, contrabbando di sigarette e detenzione abusiva di armi clandestine.
Gli episodi risalgono agli anni 2012-2019 quando, secondo le indagini di Gico e Scico della Guardia di Finanza di Bari, coordinate dal procuratore facente funzione Roberto Rossi e dalla pm della Dda di Bari Bruna Manganelli, D’Ambrogio, imprenditore nel circuito di scommesse, si sarebbe accordato con i vertici dei clan mafiosi di Bari e provincia per “compiere atti di concorrenza sleale imponendo una posizione dominante nel mercato dei videopoker e di altri apparati da intrattenimento elettronici”, attraverso “la minaccia e l’assoggettamento omertoso”.