Tre anni e sei mesi di reclusione. Questa la pena inflitta dalla prima sezione penale del Tribunale di Bari all’ex direttore generale della Asl del capoluogo pugliese Domenico Colasanto, in relazione alla morte della psichiatra Paola Labriola, uccisa da un paziente con 57 coltellate il 4 settembre 2013, nel centro di salute mentale di via tenente Casale, al quartiere Libertà.
I reati contestati a Colasanto sono omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ed omissione di atti d’ufficio. Nello stesso procedimento, è stato condannato a 3 anni anche l’ex funzionario Asl Alberto Gallo, che avrebbe compilato un falso Documento di valutazione dei rischi della struttura.
Colasanto e l’Azienda sanitaria locale, a titolo di responsabilità civile, inoltre, dovranno versare al marito ed ai tre figli della vittima una provvisionale di 50 mila euro a testa. Previsto un risarcimento anche per l’ex coniuge, la sorella e la madre della dottoressa, per i quali l’indennizzo sarà di 30 mila euro ciascuno. Gallo, invece, sarà chiamato a risarcire a sua volta la Asl.
Assolti da tutte le accuse gli altri quattro imputati: il segretario di Colasanto Antonio Ciocia, i due funzionari Pasquale Bianco e Baldassarre Lucarelli ed un altro dipendente della medesima azienda, Giorgio Saponaro. Gallo e Colasanto sono stati invece scagionati dalle accuse di induzione indebita a dare e promettere utilità e dalle altre contestazioni di falso. Per l’assassinio, sta scontando la pena a 30 anni in carcere il quarantunenne Vincenzo Poliseno, già condannato in via definitiva.