Una famiglia distrutta, che ora cerca solo verità e giustizia. È quella di Paolo Alba, deceduto a 46 anni, il 27 aprile scorso, dopo una lunga degenza al Policlinico di Bari. Ricoverato il 16 marzo, il ragazzo, affetto da fibrosi polmonare, era risultato negativo al tampone per il Covid, al momento del ricovero nel nosocomio. Cinque giorni dopo, l’amara scoperta di aver contratto il Coronavirus, che lo ha portato alla morte.
Al cordoglio per la sua dipartita si è unito gran parte del mondo politico e associativo cittadino, compresa Casapound Italia, della quale era militante dal 2009, e persino il presidente dell’SSc Bari Luigi De Laurentiis, in conseguenza del fatto che Paolo, tifosissimo biancorosso, ha fatto parte, nella sua vita, degli addetti al servizio steward dello stadio S. Nicola.
La moglie Patrizia, divenuta sua sposa solo il 7 marzo scorso, ed i familiari, risultati tutti sempre negativi ad ogni tampone al quale sono stati sottoposti, sono convinti che il loro congiunto abbia contratto la malattia che gli è stata fatale all’interno del presidio sanitario, ed hanno presentato, per questo, una denuncia in merito a quanto accaduto all’uomo nel periodo di degenza ospedaliera.
Ricoverato inizialmente nel reparto di Chirurgia toracica, dopo la scoperta della sua positività al virus Paolo venne trasferito nel Padiglione Balestrazzi. Lette oggi, le parole postate dal quarantaseienne sul proprio profilo Facebook il 22 marzo scorso, suonano profetiche: “Mi hanno trasferito di reparto. Ora sto tra i malati Covid. Vi chiedo di stare vicino a Patrizia. Io spero solo di non morire solo come un cane in un letto di ospedale senza poter neanche salutare nessuno.”