Addio a Franco Battiato, al Petruzzelli l’ultimo concerto barese (dal “finale orrendo”)

È morto nella notte Franco Battiato, uno dei più acuti, apprezzati e amati geni della musica leggera italiana. Il cantautore siciliano è scomparso all’età di 76 anni nella sua casa di Milo.

Le cause del decesso non sono ancora chiare, anche se negli ultimi tempi le condizioni di salute dell’artista si erano aggravate, dopo due cadute nel giro di due anni. La prima avvenne a Bari, nel 2015: il 16 marzo, infatti, Battiato era inciampato fra le spie monitor sul palco del teatro Petruzzelli, provocandosi una frattura del femore operata d’urgenza al Policlinico. «A Bari c’è stato un finale orrendo, ma il concerto è stato magnifico», avrebbe commentato il “maestro” nei giorni successivi. La seconda caduta, invece, Battiato la incontrò nel novembre 2017 in casa, in seguito alla quale riportò la frattura di femore e bacino.

Un rapporto, quello fra Battiato e la nostra terra, molto intenso. A marzo 2017 uno degli ultimi show dal vivo dell’artista siciliano si svolse nella suggestiva location delle Grotte di Castellana, per uno spettacolo fra musica, poesia e riflessioni profonde come nello stile di Battiato.

In precedenza, Battiato si era esibito nell’estate 2011 a Bisceglie e nel luglio 2006 allo stadio Della Vittoria di Bari. La più suggestiva delle esibizioni pugliesi, tuttavia, resta quella dell’agosto 1998, nel piazzale gremito della basilica di San Nicola.

Una grave perdita per la musica e l’arte italiane: Battiato è uno di quegli artisti che si è sempre fatta molta fatica a incasellare in un genere, uno di quelli a cui le etichette sono sempre andate troppo strette. Resta, tuttavia, insindacabile l’apporto del “maestro” allo sviluppo della musica italiana, nell’ambito della quale per primo inserì le sonorità elettro-pop che già spopolavano in Inghilterra, oltre alla musica etnica, la lirica. “L’era del cinghiale bianco”, “Strade dell’est”, “Centro di gravità permanente”, “Bandiera bianca”, “Povera patria”, fino ad arrivare a “La cura”: sono alcune delle pietre miliari di un cantautorato più profondo, più sperimentale, che non si “accontenta” dello schema classico chitarra-voce ma che indaga i più reconditi legami fra a fruizione estetica della musica e il suo scopo educativo.

Innegabile è, infatti, anche l’opera di “alfabetizzazione” portata avanti da Battiato nei suoi dischi. Le canzoni del “maestro” sono sempre state caratterizzate da temi di straordinaria profondità intellettuale, che hanno più volte solleticato la curiosità degli italiani, affascinati tanto dai suoni accattivanti quanto dalle liriche ipnotiche cantate con il suo inimitabile falsetto. Sincero e mai pedante, lontano dalla “boria dei dotti” che a volte caratterizza certo “snobismo” intellettuale.

Nella sua carriera lunga e prolifica, Battiato si è cimentato anche nella regia, dirigendo anche diversi film tra cui “Perdutoamor” e “Musikante”, pellicola su Ludwig van Beethoven presentata alla Mostra del cinema di Venezia. Nel suo curriculum anche una poco fortunata esperienza politica, da assessore alla Cultura nella sua Sicilia.

Polemico, pungente, il vero padre della lotta (ormai svilita dal dibattito contemporaneo) all’inutilità del politically correct e della falsa morale. Battiato: un esempio unico nella cultura, che difficilmente conoscerà eguali. Mancherà.

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