In questi ultimi mesi gli alunni hanno “eliminato” dalla memoria, compagni di banco, verifiche in classe, scambi di merenda o di oggetti scolastici, insomma un po’ tutto; ora il compagno di banco è il computer, le verifiche sono sulle chat, si scambiano merende solo con la dispensa e il frigorifero…
Purtroppo i casi di Covid stanno aumentando rapidamente, per questo bisogna essere prudenti e rispettare tutte le normative necessarie per affrontare questa pandemia.
Ci siamo mai chiesti cosa ne pensano gli studenti?
La DAD (didattica a distanza) porta con sé molte conseguenze (in particolare nell’ambito piscologico) che gli adolescenti hanno dovuto affrontare.
Da studentessa, anch’io l’ho vissuta e la vivo ancora oggi, certamente con timore e tensione (come tutti credo), ma ho cercato di essere positiva (in senso buono) e pensare sempre al meglio, con impegno e decisione.
Dal punto di vista dell’apprendimento, certamente la DAD non è come andare a scuola e per vari motivi; per esempio la connessione molto spesso non è sufficiente per sostenere una videolezione, c’è anche il problema di chi tenendo la telecamera spenta può allontanarsi, in tal modo non segue e si distrae… per non dire dei professori che con non poca difficoltà riescono a raggiungere i loro scopi.
Tuttavia, non solo senza la DAD la scuola sarebbe veramente “morta”, e per questo possiamo già “promuoverla”, ma per di più si può affermare che grazie ad essa si ha la possibilità di proporre nuove attività che in presenza non sarebbe stato possibile svolgere, come per esempio l’utilizzo di Power Point per spiegare le lezioni. In realtà, come tutte le nuove esperienze aiuta a crescere e di questo periodo non poco rimarrà in noi.
Vorrei esprimere anche un altro pensiero sui compiti assegnati agli studenti: mentre molti pensano che l’impegno sia ridotto al massimo, in realtà ho potuto notare -al contrario- un vero e proprio sovraccarico di compiti, forse più del necessario, per cui la giornata è tutta presa dallo studio: la mattina per le videolezioni e il pomeriggio per… “portare a termine” quanto assegnato. Di conseguenza si finisce di studiare piuttosto tardi verso sera per non dire dei “recuperi” svolti nel week-end.
La scuola è partecipazione.
Per quanto riguarda invece il punto di vista dei professori, ho avuto l’opportunità di intervistare e porre la questione a una docente attualmente in pensione: la prof. Maria Concetta Piacente.
D: Gentile prof. quanti anni ha trascorso nella scuola?
R: Io ho insegnato per ben 46 anni; sono felicissima di aver speso così tanto della mia vita a contatto con i giovani
D: Secondo lei c’è molta differenza tra la scuola di un tempo e quella di oggi?
R: La differenza è abissale e va evidenziata soprattutto nell’uso degli strumenti didattici che un tempo erano quasi inesistenti e pressocché impensabili. Ciò che non è mutato nel tempo è l’immensa potenzialità che hanno gli alunni nel porsi i problemi, nel tentare di risolverli dimostrando -in modi diversi- la volontà di vivere.
D: Cosa pensa della DAD?
R: Se per scuola si intende la trasmissione del sapere, la DAD può essere “promossa”, ma la scuola non è solo accumulo di nozioni, non è solo un esercizio mnemonico, non è solo una somma algebrica di ore… a mio parere la scuola è ben altro: è “comunicazione di saperi” capaci di stimolare la fantasia dei giovani, di incentivarne le capacità, di promuoverne la realizzazione; il tutto in un clima di sociale convivenza, indispensabile per un vivere civile. A questo scopo mirano -e sono essenziali- le lezioni frontali atte a stimolare non solo la semplice attenzione, ma soprattutto l’interesse e non di rado l’emotività. La scuola infine è anche simbolo di allegra goliardia, fatta di “amicizie” destinate a non perdersi nel tempo.
Giorgia Piacente, II B Scuola secondaria di I grado “R.M. Imbriani”, Bari