Da un anno circa è come se il tempo si fosse fermato e con esso i nostri pensieri, le nostre azioni, le nostre emozioni.
Le uscite con gli amici, le serate in pizzeria, i pomeriggi al cinema, sembrano appartenere ad un tempo lontanissimo in cui, spensierati, mai avremmo immaginato che un brutto giorno avremmo dovuto rivedere le nostre vite senza avere neppure il tempo di abituarci. Ma pare che la vita sia così, dicono gli adulti, ti stana e bisogna farsi trovare preparati ad affrontarla.
Preparati non lo eravamo, abbiamo dovuto reinventarci, ci siamo chiusi nelle nostre certezze, quelle poche che ci sono rimaste, al calore delle nostre case ,abbiamo nascosto i nostri sorrisi dietro una mascherina e tutti a ripeterci come un “mantra” che tutto sarebbe andato bene, e ce l’abbiamo fatta!
No, non è vero, molti non ce l’hanno fatta a combattere la guerra contro il nemico invisibile e si sono confrontati con la morte, con la malattia, con la solitudine negli ospedali, l’angoscia di pensare ai propri cari in difficoltà, con la perdita del lavoro e le famiglie da sfamare. Non posso dimenticare le immagini tristi in televisione, l’attesa dei dati dalla Protezione Civile, i DPCM dell’ex Presidente del consiglio Conte, tutte cose entrate nella nostra quotidianità.
Gli anziani hanno paragonato questa “guerra” a quella che hanno vissuto sulla loro pelle, per noi tutti questa è una situazione surreale, è una vita senza sprazzi che non ci piace e alla quale non ci vogliamo abituare.
Viviamo il presente senza fare programmi e guardiamo il mondo attraverso uno schermo come fosse una finestra.
Una scrittrice indiana Arundhati Roy disse una cosa, forse banale, ma che mi colpì molto: ”La pandemia è una via di passaggio tra un mondo e un altro”.
Chissà cosa sarà di tutti noi ora che ci avviamo, più o meno, verso la normalità? Quanto saremo cambiati? Cosa ci porteremo di questa esperienza “in quest’altro mondo”? Quanto ci avrà segnati vivere rapporti dietro lo schermo? Sono curioso di dare delle risposte a queste domande, partendo prima di tutto da me stesso.
Non sarà facile dimenticare questo periodo e sarà strano ricominciare senza paure.
La pandemia ci ha visti uniti in un mondo frenetico dove tutti corrono e ciascuno pensa a se stesso; abbiamo sofferto, abbiamo sperato, abbiamo solidarizzato tutti con tutti e abbiamo tanto desiderato abbracciarci non potendolo fare.
Sarebbe bello se la nuova normalità ci portasse a pensare di più e meglio agli altri, a lavorare insieme, stare bene insieme, superare i pregiudizi legati alla diversità, a rispettare il prossimo e la natura, magari facendo la raccolta differenziata, riciclando oggetti che non ci servono più, raccogliendo quel che è caduto per terra o in mare oppure preferendo la bicicletta all’automobile o meglio ancora muoversi a piedi: non rispettare e distruggere l’ ambiente significa non rispettare e distruggere anche noi stessi e gli altri. Non c’è più tempo da perdere, ne abbiamo perso fin troppo.
Prendiamo il bello e trasformiamo in bello quello che magari non lo è, impegnandoci tutti.
La scuola ci ha salvati dal nulla, in un continuo dialogo costruttivo e proficuo e un applauso sincero va al mio Istituto e ai miei insegnanti che non ci hanno mai abbandonati nonostante le mille difficoltà; ci hanno spronati, motivati, interessati aldilà di uno schermo e ci hanno spesso scosso da uno stato di apatia nel quale stavamo sprofondando.
Ho voglia di guardare avanti, di pensare a quel che mi sono perso, ai miei compagni con i quali non ho approfondito la conoscenza, i posti nel quali non sono andato, di conoscere le persone che non ho conosciuto, di poter uscire liberamente senza mascherina e senza coprifuoco, di invitare chi voglio a casa mia e di non avere più paura per la salute dei miei cari.
Questa esperienza mi ha insegnato a non procrastinare, a godermi il momento e che la normalità è la cosa più bella del mondo.
Ora basta! Andiamoci a prendere il nostro futuro che ci spetta di diritto!
Onofrio Introna, 2^A scuola secondaria di I grado I.C. “Mazzini Modugno”, Bari