Nell’ultimo periodo, uno dei più ricorrenti temi che investe il dibattito pubblico è quello della “corruzione” che ha visto in particolar modo coinvolti esponenti di alto rango del mondo del diritto, avvocati e magistrati.
Invero, il quadro che emerge dalla lettura delle principali testate giornalistiche non è dei più confortanti. Basti pensare che nell’arco di un mese circa, solo nella regione Puglia, si è passati dal caso dell’ex gip di Bari, De Benedictis, arrestato per corruzione e detenzione illegale di armi, a quello di Taranto che ha visto coinvolti l’avvocato Amara – già consulente dell’Ilva quando l’azienda era in amministrazione straordinaria- e l’ex procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo sottoposti, rispettivamente, alla misura cautelare della custodia in carcere e a quella dell’obbligo di dimora.
Un dilagare, questo, senza freni di corruzione dal quale si palesa una luce sinistra sui meccanismi nascosti dell’amministrazione della giustizia italiana.
Tali vicende che si inseriscono in un filone più ampio, dell’ormai celebre caso “Palamara” al c.d. “sistema Siracusa”, pongono la necessità di una riflessione organica sulla lotta alla corruzione e su quali “rimedi” intraprendere per raggiungere un buon governo dell’amministrazione della giustizia.
Possiamo benissimo affermare che nel nostro codice penale il legislatore ha previsto una fattispecie ad hoc, l’art. 319 –ter rubricato “corruzione in atti giudiziari”, che sottolinea la gravità del reato di corruzione nel contesto giudiziario comminando una pena decisamente severa se i fatti di cui agli articoli 318 e 319 del medesimo codice sono messi in atto per favorire o danneggiare una parte in un processo penale, civile o amministrativo; ma ciò nona basta!
Evidentemente, si è ora reso necessario un intervento della politica volto a rimuovere queste “persone” che rappresentano, purtroppo, la “morte della giustizia” a discapito di quei magistrati e avvocati che, invece, svolgono la loro professione con onore, dignità e nel rispetto di quei principi etici di legalità, onestà e correttezza, nonché di quei diritti inviolabili garantiti dalla nostra Carta costituzionale.
Purtroppo, mi pesa dirlo, ma stiamo assistendo ad un “degrado” dell’amministrazione e in particolar modo dell’amministrazione della giustizia.
Con immensa delusione, concludo affermando che il palazzo di Giustizia costruito per la “difesa della giustizia” è a oggi dominato, non da quella bellissima massima che ivi troviamo scritta ossia “ la legge è uguale per tutti”, ma bensì è dominato dalla “legge del più forte”.