Discoteche chiuse? E la movida si sposta altrove

Fatta la legge? Nessun problema, trovare l’inganno è di una semplicità disarmante. Soprattutto quando ad essere al centro dell’attenzione generale è la movida. L’estate è un insieme di tante cose: caldo, afa, mare, divertimento, musica, ballo ma soprattutto molta voglia di stare insieme. Magari anche assembrati. E se l’anno scorso era stato consentito alle discoteche di rimanere aperti, quest’anno si preferisce scegliere una linea prudente. In qualche caso anche di rigore.

Stanno sorprendendo le proteste di alcuni gestori di discoteche. Su tutti quello del Praja, che su una testata nazionale ha chiaramente evidenziato i disagi della categoria: personale assunto ma al momento congelato, tante spese sostenute per garantire tamponi e sicurezza in tutti i campi ma…ancora alle prese con serie difficoltà per consentire una definitiva riapertura rispettando tutte le regole possibili. Ma i giovani in tutto questo non restano a guardare: cosi si stanno moltiplicando, praticamente ovunque, casi di rave party in campagna o comunque all’aperto, con lidi e spiagge che spesso e volentieri, accompagnate da musica, rischiano di trasformarsi in simil-discoteche (altri locali ancoras, per sopravvivere, si sono convertiti in pub). Insomma la movida ufficialmente è bloccata, ma nella realtà dei fatti c’è ed è assolutamente viva. Così gli assembramenti si spostano soltanto altrove ma senza risolvere i problemi legati ai potenziali contagi. Anche perché, soprattutto da quando vige il mancato obbligo di mascherine all’aperto, è davvero difficile chiedere soprattutto ai più giovani di mantenere le distanze di sicurezza o di indossarle. E non ci riferiamo soltanto al caldo, che rende il rispetto di alcune regole ancor più difficile che in inverno.

Ma alla fine della fiera, è soltanto un film che si ripete: locali chiusi (o limitati) in zona gialla e arancione, ma le strade principali dei centri cittadini – soprattutto quelle adibite allo shopping – restano clamorosamente piene. Idem i centri commerciali quando aperti. Un paradosso che potrebbe estendersi anche a cinema, teatri e soprattutto stadi, impianti all’aperto (dove si è certificato come la possibilità di contagi cali molto): strutture chiuse, ma strade e piazze piene e affollate. Basta guardare in giro le foto soltanto di questo 2021 per rendersene conto, in quei rari momenti di semi-libertà ricevuti. Laddove manca uniformità di giudizio pretendere coerenza è difficile. E, anche se senza farlo di proposito, ci sono categorie di lavoratori che per effetto del covid sono state trascurate o messe da parte.

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