La notizia è di quelle che fa scalpore, ma non stupisce più di tanto chi questo fenomeno l’ha osservato da vicino. E per vicino non si intende l’aver mosso i fili in regione, ma aver vissuto direttamente o indirettamente la vita scolastica di bambini e ragazzi nell’ultimo anno e mezzo. La regione Puglia, in buona compagnia con quella della Campania, è tra quelle che hanno fatto registrare i risultati peggiori alle prove invalsi (italiano, matematica e inglese). Soprattutto gli studenti del quinto superiore hanno fatto registrare i dati più allarmanti: in italiano il 59%, in matematica il 69%.
Non stupisce in una regione dove si è fatto molto per scongiurare il ritorno degli studenti in classe: la scuola vista non come fonte di arricchimento, aggregazione ed istruzione, ma di contagi. Creando un terrorismo psicologico che ha portato non solo a questi scarsi risultati di profitto, ma anche a contraccolpi psicologici non da poco. Nulla sarà più come prima: una spiegazione, un appunto in più, una nota della professoressa di turno e, in generale, il contatto come il prossimo, hanno sempre quel tocco in più di sano realismo che nessuna piattaforma digitale potrà mai pareggiare. E che rende tutto cosi vuoto, grigio, insignificante. Anche insegnare, forse, perde il suo fascino non avendo il contatto con la cattedra. Quanto potrà mai essere veritiera, inoltre, una sua valutazione?
Chi vi scrive ha in casa un fratello che ha da poco terminato la terza media e che, nell’ultimo periodo, ha anche provato ad impartire, facendo il possibile, ripetizioni a ragazzi prossimi a prepararsi agli esami o in qualche caso pronti a tutto pur di scongiurare una possibile bocciatura. In molti di loro si percepisce sufficienza perché “Tanto da casa la prof non mi vede”, oppure della serie “con un occhio sono in presenza a lezione, con l’altro mi metto a giocare alla play”, sforzandosi nei casi migliori di imparare, si, ma andando a memoria. Avvalendosi di conoscenze nozionistiche come se fosse una perdita di tempo o magari un atto dovuto. Poi chi studia e si applica davvero c’è naturalmente, ma è triste constatare come non si tratti certamente della maggioranza. Certo, in tutti i casi è triste notare come il rapporto quotidiano con professori e compagni manchi. Inevitabile.
Questi dati sono il fallimento conclamato della didattica a distanza, che si è rivelata una sorta di pietra tombale in aree del meridione dove già in qualche caso si faceva fatica a far valere il peso dell’istruzione scolastica. Adesso è anche peggio. In vista del prossimo anno scolastico siamo ad un punto di non ritorno: i ragazzi devono poter avere il vaccino e soprattutto tornare a fare una vita normale. Con buona pace dei più timorosi, ne va del loro futuro scolastico ma anche lavorativo.