Generale Nicola Bellomo, un barese fucilato perché scomodo. A Nisida un cippo a sua memoria

In questo luogo all’alba dell’11 settembre 1945 veniva fucilato il generale Nicola Bellomo, eroe dei due conflitti mondiali. Il tempo gli ha già reso giustizia”.

Ieri, venerdì 28 aprile alle ore 16.30 il sindaco di Bari Antonio Decaro è stato a Nisida (Napoli) l’isola dove l’11 settembre 1945 fu fucilato il generale dell’esercito italiano Nicola Bellomo. L’occasione è quella della cerimonia organizzata dal generale di Corpo d’Armata Giuseppe Nicola Tota, comandante delle Forze Operative Sud, per ricordare il generale barese con l’installazione di un cippo all’interno dell’area del carcere minorile, luogo della fucilazione. Erano presenti i familiari del generale Bellomo, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, il prefetto di Napoli, Claudio Palomba, il generale Tota, il colonnello Arcangelo Moro, comandante militare Esercito Puglia e altre autorità civili e militari.

Ma chi era il Generale Bellomo. La sua storia e biografia la racconta l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia …”Nato a Bari il 2 febbraio 1881, fucilato dagli inglesi l’11 settembre 1945. Ufficiale di carriera, nel febbraio del 1941 era stato richiamato dalla riserva e distaccato alla difesa territoriale di Bari. Alla caduta del fascismo, a Bellomo fu affidato l’incarico di riassorbire nei quadri locali dell’esercito i membri della milizia fascista (MVSN). Stava per completare questo lavoro, quando sopravvenne l’armistizio. Fu in questo frangente che il generale (uno dei rari alti ufficiali italiani che si distinsero in questo senso), si rese protagonista di una pronta ed efficace azione contro i tedeschi. Di fronte alla totale inerzia del generale Caruso – che, in quanto comandante del presidio, era stato inutilmente sollecitato dagli antifascisti baresi perché prendesse almeno iniziative difensive nei confronti delle truppe germaniche – fu Bellomo che, alla testa di un gruppo di portuali e di pochi soldati delle varie armi, attaccò i tedeschi. Questi, con un colpo di mano, erano già riusciti ad affondare due piroscafi alla fonda e ad impadronirsi di due batterie contraeree. Dopo un pomeriggio di scontri, il generale Bellomo (che rimase ferito nei combattimenti) e i suoi uomini, ottennero la resa dei tedeschi. Li consegnarono al comando di presidio, che si premurò di rimetterli in libertà…Fu, in ogni modo, grazie all’iniziativa di Bellomo che Bari poté presentarsi agli Alleati, sgombra da truppe tedesche. Per tutta riconoscenza, quattro mesi dopo, gli inglesi arrestarono Bellomo. Il generale era accusato d’essere responsabile della morte di un ufficiale inglese prigioniero e del ferimento di un altro ufficiale britannico, durante un tentativo di fuga avvenuto nel novembre del 1941 dal campo di prigionia di Torre Tresca. Bellomo, che si proclamava estraneo al fatto, non ebbe in sostanza modo di difendersi. Condannato a morte nel luglio del 1945, il generale rifiutò di chiedere la grazia. Lasciò una sorta di testamento, nel quale auspicava un nuovo processo, ed affrontò serenamente il plotone d’esecuzione. In una nota del libro “Italy Betrayed (Italia tradita)”, uscito a New York nel 1966, Peter Tompkins (all’epoca dell’occupazione, capo del servizio di spionaggio OSS a Roma), ha scritto: “Dopo una lunga e accurata ricerca sulle circostanze relative all’arresto di Bellomo, si è stato in grado di documentare come la corte britannica fosse stata tratta in inganno da Badoglio e da agenti monarchici che, in tutta segretezza, fecero ricorso al falso per favorire la fucilazione di Bellomo. Essendo l’unico generale italiano che di propria iniziativa combatté i tedeschi e mantenne la città di Bari fino all’arrivo degli Alleati, rappresentava una minaccia per il re e per Badoglio, perché rivelava al mondo lo squallore del loro tradimento”. Bellomo pagò caro il suo unico errore. Come riferisce lo storico Emilio Gin, in un recente numero della “Nuova Rivista Storica”, Bellomo si rende protagonista di un’ampia opera di denunzia e di rimozione di tutti coloro che durante gli eventi avevano tenuto un comportamento passivo o sospetto di connivenza con i tedeschi.

Una storia tutta italiana.

Franco Marella

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