Parlare di pace in un contesto di guerra suona come un ossimoro, ma è la provocazione compiuta dalla nota scrittrice ungherese Edith Bruck nel suo romanzo del 2021 edito dal La nave di Teseo Il pane perduto, presentato in videoconferenza lo scorso febbraio all’IISS “Marco Polo” di Bari nell’ambito del progetto lettura Del leggere, patrocinato dall’Assessorato all’Istruzione del Comune di Bari.
L’autrice ha dialogato con le classi quinte della nostra scuola narrando le sue vicissitudini personali durante la seconda guerra mondiale e poi -in un mondo postbellico- durante le fasi della nascita di Israele, che avrebbe dovuto universalmente sancire l’accoglienza del popolo ebraico nel mondo risorto dopo il conflitto. Noi alunni abbiamo avuto l’opportunità di commentare direttamente con l’autrice questi spunti di storia contemporanea ponendo interrogativi anche sull’attuale corso della politica israeliana; ripercorrendo i passi più forti e vibranti, abbiamo poi avuto modo di sentire direttamente dalla sua voce quanto la Bruck avesse sofferto dopo la liberazione dal lager: nessuna comprensione, nessuna accoglienza, neanche da parte della famiglia d’origine, nessun considerazione, come del resto lei stessa ha affermato «Le nostre vere sorelle e fratelli sono quelli dei lager».
Probabilmente sono stati questi i nodi tematici che maggiormente ci hanno sconvolto e su cui l’autrice si è soffermata rispondendo alle nostre domande con occhi commossi e pieni di ricordi. Edith Bruck, infatti, ha raccontato la mancata integrazione nello Stato di Israele, la sua fuga e il suo essere raminga per tutta Europa fino a giungere in Italia dove è stata costretta a sopportatore indifferenza e soprusi in un contesto lavorativo ostile a causa di una donna «dall’atteggiamento e dal tono sempre sgradevole»; ma proprio in Italia, infine, ha trovato finalmente pace e amore nella persona di un poeta e regista armeno, Nelo Risi «l’uomo eletto tra milioni di uomini».
L’opera è dunque un potente racconto della vita dell’autrice e della sua lotta per ritrovare pace, libertà e significato alla sua esistenza dopo gli orrori della guerra e della deportazione, nutrendo una nuova speranza di rinascita e di accoglienza, attraversando un processo di integrazione travagliata e mai pienamente raggiunta; infatti la scrittrice afferma con tristezza e rammarico che in Italia «soffia un vento inquinato da nuovi fascismi, razzismi, nazionalismi, antisemitismi, che io sento doppiamente; piante velenose che non sono mai state sradicate e buttano nuovi rami, foglie che il popolo imboccato mangia, ascoltando le voci grosse nel suo nome, affamato com’è di identità forte, urlata e italianità pura, bianca; che tristezza, che pericolo.»
La narrazione potente e toccante della Bruck, la sua forza, il suo coraggio e la sua resilienza sono ispiranti e rappresentano un tributo alla vitalità e alla capacità umana di perseguire anche nei momenti più difficili i valori e gli ideali più alti come la pace, l’integrazione, l’accoglienza e la tolleranza quali moniti assoluti contro il razzismo e l’antisemitismo ancor oggi dilaganti, «Io abolirei la parola “patria”, […] “nazionalismo”, “razzismo” , “guerra” e quasi anche la parola “amore”, privata della sua sostanza. Ci vorrebbero parole nuove.»
Sono affermazioni che toccano profondamente il cuore del lettore, sono testimonianze che devono essere lette e tramandate alle future generazioni, per non dimenticare mai il passato e per cercare di costruire un futuro migliore: «Racconta, non ci crederanno, racconta, se sopravvivi, anche per noi».
Nicola Orciuolo 5^ E RIM – IISS MARCO POLO – Bari