Ancora fibrillazioni dalle banche USA
A pagina 14 del Messaggero del 5 maggio leggiamo dell’ennesimo allarme banche in USA. Ormai siamo abituati a questi ricorrenti attacchi di panico cui segue distruzione massiccia di ricchezza privata e pubblica. I giornali indicano nell’aumento dei tassi di interesse la prima causa di tali problemi. Ed è così. Ma il mercato non potrebbe neutralizzare tali effetti? Dove è finita la sua “mano invisibile” che tutto sistema? Se la causa di tanto panico è quella, non si devono mai aumentare i tassi? oppure le Banche Centrali stanno sbagliando? E se è vero che solo le Istituzioni pubbliche e non il mercato possono porre rimedio, i liberali hanno fallito? Dove sono? Sono divenuti delle lobby questuanti?
La ridda di domande non trova e non troverà risposte perché la finanza ormai è interamente controllata dalle banche Centrali e quindi non si corregge spontaneamente. Il problema sta nel volume abnorme assunto dall’insieme degli attivi finanziari troppo grandi per non subire facili contraccolpi. Ormai da decenni.
Nessuno di questi dotti commentatori ricorda che una volta le grandi società emettevano nuove azioni e aumentavano il proprio capitale con danaro fornito dal risparmio privato e cioè dall’economia reale. Adesso non solo questo canale non viene utilizzato ma l’investimento azionario è ancora più rischioso di allora anche per navigati finanzieri. Questo significa che l’intero mondo della finanza non gode più del credito di una volta e che il risparmio non è più il carburante necessario a far andare il motore dell’economia. Ci rimette la grande impresa ma anche il risparmiatore che non trova più collocazioni credibili al proprio gruzzoletto. Anzi, appena sente un vago odore di bruciato fugge anche da banche blasonate.
Può la finanza prescindere dalla fiducia del mondo intero?
Secondariamente a nessuno è sfuggito che da quando le libertà economiche sono state ristrette specie nei rapporti con le banche (dematerializzazione dei titoli, non trasferibilità degli assegni, nominatività dei rapporti bancari, farraginosità nella erogazione dei credito, esosità delle commissioni bancarie, invasività del fisco,…) la crescita dell’economia reale è stata progressivamente minore rispetto alla crescita della finanza; così questa si è distaccata dal mondo reale ed è divenuto sempre più difficile evitare che crescesse su se stessa. Ne è risultato che l’economia reale è costituita sempre più da mega organizzazioni transnazionali poco elastiche ed efficienti quanto un nostro Ministero. Ovviamente ancor peggio sarà con la ulteriore riduzione nell’uso del contante. Oggi la finanza ha una dimensione che, per l’economia reale non è sostenibile perché quest’ultima non può pagare né direttamente, né indirettamente gli interessi su tanto debito. È quindi facile che si scateni una incontrollabile inflazione o una recessione imprevedibile magari coesistenti.
In questo contesto insostenibile si inserisce l’azione delle Banche Centrali che agiscono come se l’economia reale fosse ancora libera e vitale mentre è bloccata dalla asfissiante burocrazia e fiscalità ed è occupata dalle mega Corporation. Quindi in queste condizioni di economia ingessata i tassi bassi non producono ipso facto la crescita dell’attività economica ma, dopo molto tempo, originano una impetuosa crescita de prezzi cui non si sa come rispondere se non con l’aumento dei tassi che invece vanno a tutto danno dell’economia reale stessa!!! che invece andrebbe liberata per rispondere con aumenti dell’offerta all’aumento dei prezzi.
Ovvio! Ma non per gli “economisti”. È come se gli esperti di economia vivessero in una bolla di sapone piena di allucinazioni!
Tutto ciò spiega il perché degli attacchi di panico e del perché senza interventi pubblici la situazione degenera ulteriormente. È la invasività dello stato che ha trasformato parte rilevante dell’economia reale (le grandi imprese ma anche moltissime delle più piccole) in un pezzo della burocrazia statale; ed è la ulteriore presenza dello stato che ne produce, anche se indirettamente e dolcemente, la morte.
CANIO TRIONE